La crisi mostra la fragilità del liberismo: ripartiamo dalla solidarietà
E’ la sfida più grande del dopoguerra, rimescola le carte globali
Se è vero che le grandi crisi segnano il definitivo passaggio da un’epoca a un’altra, possiamo ipotizzare che l’emergere del virus SARS-Cov-2, con i relativi sconquassi sociali ed economici che ne derivano e ne deriveranno, sia uno di questi spartiacque.
Nel nostro Paese, per le generazioni dal secondo dopoguerra in avanti, questa è senza dubbio la sfida più grande che si sia mai affrontata. Fino a qualche settimana fa lo spauracchio dell’economia europea erano i dazi che il governo statunitense ha applicato su alcuni prodotti alimentari del vecchio continente, oggi però l’espansione del coronavirus ha rimescolato completamente le carte globali. A rendere foschi gli scenari economici non è più una misura protezionistica aggressiva, al contrario siamo di fronte a una situazione senza precedenti che apre scenari altrettanto inediti. Il turismo fermo, la limitata mobilità dei cittadini a tutte le latitudini, le scuole chiuse e gli ospedali in assetto d’emergenza sono condizioni che non abbiamo mai visto tutte insieme e che al momento nessuno è in grado di circoscrivere nel tempo. Senza contare l’oggetto stesso dell’emergenza, un virus che, anche se al momento sembra ancora essere sotto controllo, continua a diffondersi e ha ormai toccato tutte le regioni italiane e la grandissima parte dei Paesi europei, asiatici e nordamericani.
Futuro indecifrabile
Ci apprestiamo a vivere un periodo complesso e per molti versi ancora indecifrabile, in cui le categorie con le quali siamo abituati a leggere la nostra realtà sociale ed economica verranno minate e dovranno giocoforza essere riconsiderate. Eppure non dobbiamo cadere nel panico o nella paura irrazionale, al contrario possiamo lavorare da subito per reagire con prontezza, per trovare modi creativi per rispondere alla crisi, per provare a guardare al futuro con una ragionevole e ben riposta speranza. Questo è possibile a patto che riconosciamo una delle evidenze più chiare che ci restituisce il momento storico attuale: l’estrema fragilità del nostro modello economico e della nostra società liberista occidentale.
Ribaltare i paradigmi ingiusti
La crisi ci sbatte nuovamente in faccia la disuguaglianza sociale ed economica che è alla base del nostro sistema, in cui un top manager d’azienda o un calciatore percepiscono fino a mille volte di più di quanto guadagna un insegnante precario, in cui la precarizzazione del lavoro e l’erosione pluridecennale della spesa pubblica hanno colpito le categorie più vulnerabili della popolazione esponendole all’alto rischio di trovarsi a pagare il prezzo più alto della crisi. Una società con queste disuguaglianze non ha futuro, ma da questa consapevolezza si può partire per ricostruire meglio, per tutti, provando finalmente a ribaltare paradigmi ingiusti.
Il tempo dei beni relazionali
Ecco allora che questo è il tempo della solidarietà e non più della competizione, è il momento di ritrovare la forza per emergere non con la disperazione del tutti contro tutti ma con un ritrovato slancio solidale e con la ricostruzione di un senso di comunità che per troppo tempo abbiamo trascurato. Per rispondere a questa emergenza possiamo ridare rilevanza all’economia locale senza scadere in sovranismi fuori dal tempo e dalla logica. Possiamo uscire dal tunnel coltivando i beni relazionali, accelerando un processo di trasformazione che vada nella direzione della lotta senza quartiere agli sprechi, nella ricerca di energie nuove e non impattanti a livello ambientale, nella limitazione dei consumi non necessari. Possiamo aiutarci, possiamo compattarci, possiamo de-monetizzare qualche aspetto della nostra vita per risparmiare un po’ di più e sostenere le attività di prossimità che faticano.
Una nuova politica
Possiamo farlo non perché ce lo impone il coronavirus ma perché è la logica che ci spinge a cercare un futuro diverso e sostenibile per tutti. Dobbiamo però partire dal darci una regolata, ciascuno di noi. Tornare a praticare l’ascolto e la generosità, il confronto e l’intelligenza affettiva, il dialogo e la reciprocità. Solo cambiando il nostro atteggiamento e il nostro approccio all’altro possiamo davvero realizzare un cambiamento. Empatia e gentilezza sono alla base di una nuova politica che ci può traghettare fuori dalle secche della crisi economica così come dai pantani della lotta senza quartiere che oggi troppo spesso vediamo nelle istituzioni democratiche.
Ci aspetta una stagione ricca di ostacoli e di incognite, ma possiamo giocarci la partita con consapevolezza e determinazione: solidarietà, comunità e cooperazione sono le chiavi per ripartire. —
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