martedì 21 aprile 2020

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Coronavirus, "Troppi contagi, rischio nuovi focolai". Gli scienziati frenano la riapertura

I dubbi del comitato tecnico: le app per tracciare i positivi ancora in fase di progettazione e i test sierologi non approvati
Gianni Rezza
ROMA. Un'epidemia che dopo aver passeggiato a lungo sul plateau inizia ora a scendere ma a passo lento. Focolai nelle famiglie dei contagiati in quarantena e nelle strutture sanitarie che si fa fatica a spegnere. E poi un sistema di "fast tracking", tracciatura veloce per mezzo di App dei potenziali contagiati, ancora work in progress. Così come lo sono i test sierologici per individuare chi con meno pericoli può tornare a lavorare. Occorre rimettere insieme questi tasselli per spiegare la falsa partenza della "Fase 2", annunciata da Conte una settimana fa. Certo, il Premier lo aveva detto subito che per ripartire anche solo gradualmente avrebbe aspettato il via libera del Comitato di esperti che affianca il governo nelle decisioni. Ma pur con un manuale d'uso di oltre 70 pagine sulle condizioni imprescindibili per la riapertura di fabbriche, uffici e negozi, quel semaforo è rimasto acceso sul rosso. «L'esempio è Wuhan loro hanno impiegato tre mesi per fermare l'epidemia, quindi noi siamo soltanto a metà strada», spiega a chiare lettere Walter Ricciardi, consigliere del Ministro della salute Roberto Speranza, a sua vota schierato sulla linea della prudenza. Del resto i numeri che sventolano al suo Ministero valgono più delle parole. I contagi nell'ultima settimana hanno comunque continuato a marciare al ritmo di 4.000 e passa al giorno e da soli contiamo il 25% dei morti Covid del pianeta. Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità e anche lui nel Comitato, non si nasconde dietro un dito quando afferma che «se dipendesse da noi epidemiologi si ripartirebbe solo con zero contagi». Ma sa per primo che è impossibile. L'Institute for economics research ha calcolato che due mesi di blocco produttivo ci costeranno tra i 143 e i 234 miliardi di euro. Numeri da brividi, che ieri hanno spinto il ministro dell'interno, Luciana Lamorgese, a diramare una circolare ai prefetti, mettendoli in guardia su «il rischio che nelle piaghe dei nuovi bisogni si annidino perniciose opportunità per le organizzazioni criminali». Per questo urge prima di tutto un piano per accelerare la discesa dal plateau. Alcune regioni, come Lazio, Veneto, Toscana, Lombardia e Basilicata hanno cominciato a lanciare acqua sull'incendio che sprigiona più contagi, quello della trasmissione intra-familiare dei 68 mila positivi in quarantena. Li il rischio di contagio è 84 volte superiore alla norma, rivela uno studio condotto a Vo Euganeo. Per questo è iniziata la corsa a trasferire chi non è nelle condizioni abitative di isolarsi in casa nei "Covid residence", hotel, caserme e persino agriturismo, come deciso in Toscana. Per gli ospedali e le Rsa c'è poco da dire, li per impedire al virus di continuare a espandersi servono dispositivi di protezione e isolamento degli anziani contagiati in strutture adeguate. «Aggrediti questi focolai la discesa diventerà più rapida», assicura Pier Luigi Lopalco, l'epidemiologo che Emiliano ha voluto accanto a se per domare il virus in Puglia. Ma per evitare nuove false partenze non basta. Perché riavviata sia pure con distanziamento e turni di lavoro più corti la macchina economica sarà necessario avere una squadra di pompieri ben attrezzata per spegnere sul nascere nuovi focolai.
Lo sa bene il ministro Speranza che un piano ce l'ha già. Da un alto tracciare rapidamente tutti i contatti dei positivi con una App da attivare su base volontaria, che entro maggio potrebbe essere operativa. «Questo potenziando però con un piano di assunzioni straordinarie i Dipartimenti di prevenzione delle Asl ai quali spetterà il compito di contattare e isolare i soggetti a rischio di contagio», spiegano gli uomini dello staff di Speranza. Dall'altro servirà utilizzare i test sierologici, pronti entro una decina di giorni, sia per capire con un campione di 100mila italiani quanto è realmente circolato il virus. Ma anche « per consentire alle aziende di individuare chi avendo gli anticorpi può essere riavviato al lavoro con meno rischi», spiega Ricciardi. Sapendo che, come ha ribadito l'Oms, non ci saranno test in grado di rilasciare «patenti di immunità», ma che in attesa di un vaccino se il rischio non è eliminabile ci si può accontentare almeno di ridurlo.

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