venerdì 15 maggio 2020

collezione Covid Silvia Romano

l messaggio di Silvia «Non arrabbiatevi, il peggio è passato»

Dopo gli attacchi La giovane liberata dai sequestratori scrive agli amici dopo le minacce e gli insulti ricevuti L'invito: «Godiamoci questo momento insieme»

Agettare acqua sul fuoco è proprio lei, Silvia Romano, la cooperante milanese travolta da polemiche e insulti non appena rientrata in Italia dopo un sequestro di quasi due anni tra Kenya e Somalia. «Vi chiedo di non arrabbiarvi per difendermi, il peggio per me è passato. Godiamoci questo momento insieme», ha scritto ieri sulla sua pagina Facebook, invitando gli amici a non curarsi degli hater che l'hanno subissata di parole violente sul web, sulla stampa, e perfino in Parlamento.

«Sono felice - prosegue Silvia - perché ho ritrovato i miei cari ancora in piedi, grazie a Dio, nonostante il loro grande dolore». Un modo per voltare pagina, almeno pubblicamente, rispetto all'ondata di strepiti scomposti che hanno fatto da contraltare al calore umano con cui la ventiquattrenne è stata accolta al momento della sua liberazione. Nel privato, però, la situazione resta tesa. E ad occuparsene è la Procura di Milano che ha aperto un'indagine per minacce aggravate e la Prefettura che sta valutando di predisporre una tutela.

Perché i segnali di intolleranza, scatenati soprattutto dalla conversione all'Islam che Silvia ha maturato nel corso della prigionia, continuano a manifestarsi anche concretamente. L'ultimo è di mercoledì scorso, quando il condomino che abita nell'appartamento sottostante a quello della famiglia Romano ha rinvenuto cocci di bottiglia sul suo davanzale.

La polizia scientifica ha svolto i rilievi nell'appartamento e l'ipotesi investigativa su cui stanno lavorando gli inquirenti è che la bottiglia sia stata lanciata in direzione della finestra dove la ventiquattrenne sia era affacciata dopo il ritorno a casa per salutare il quartiere che le dava il benvenuto. Un episodio inquietante, che si aggiunge alle decine e decine di messaggi di odio e di morte ricevuti dalla ragazza, e che la Procura sta passando al setaccio.

Proprio mercoledì Silvia e la madre sono state ascoltate dagli investigatori milanesi per fare la prima ricognizione dal periodo di volontariato al rientro in Italia. Un rientro inevitabilmente finito sotto i riflettori mediatici (anche per le dinamiche legate al presunto pagamento del riscatto, negato dalla Farnesina), ma scandito col passare delle ore da uno stillicidio di insulti e insinuazioni pesanti, anche da parte di politici.

Come quelli di Vittorio Sgarbi («va arrestata» per «concorso esterno in associazione terroristica»), di un ex assessore leghista («impiccatela») e di Alessandro Pagano, deputato eletto con la Lega, che in Aula mercoledì mattina aveva definito Silvia «neo-terrorista», chiarendo poi in serata le sue parole e scusandosi. In questi casi i detrattori sono usciti allo scoperto, ma nella maggior parte sono rimasti anonimi dietro lo scudo del web. Ed è su questi che gli investigatori stanno indagando con l'obiettivo di individuare gli autori delle intimidazioni più gravi.

«Vorrei portare solo per un secondo la vostra attenzione sull'impacchettamento di bufale che i seminatori di odio di professione propagano nel web». Così, sulla sua pagina Facebook la consigliera regionale del Pd e vice capogruppo Monia Monni che accusa Susanna Ceccardi, eurodeputata della Lega e prossima candidata alla presidenza della Regione Toscana, di aver pubblicato «pochi minuti fa questo post, poi fatto sparire: "Solidarietà ai nostri militari, fortunatamente rimasti illesi. Vedo che i 4 milioni di euro pagati per il riscatto di Silvia Romano sono stati subito messi a frutto». «Basta odio - scrive Monni su Fb -. Basta menzogne».

 

 

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